Contro ogni dettame prestabilito e ideologia radicata, c’è l’arte pittorica di Francesca Chiola. Una studentessa di classe ’99 che proietta se stessa aldilà del tempo e dello spazio mediante la tecnica dell’acquerello che, in stretto contatto con il suo vivere quotidiano, crea dialoghi sempre nuovi, mai scontati. È evidente che, se il corso esistenziale dell’artista muta a seconda dei cambiamenti personali e sociali, anche la sua sensibilità pittorica e il suo approccio con l’opera d’arte sono in continuo divenire. Tuttavia, sarebbe errato e scontato affermare che in questo mutare ci sia esattamente un confine. Ed è l’assenza di questo margine che porta alla nascita di una condizione di rifugio (guidato dalla trasposizione diretta della propria essenza) nella quale entrano in gioco le più disparate emozioni (interne, esterne a noi o entrambe) che, seppur inizialmente estranee all’ artista, si rivelano spesso sue dolci avversarie grazie all’interazione che si origina con l’opera nelle sue molteplici fasi di realizzazione.
Attraverso i lavori che l’artista ci propone nella sua prima mostra personale, tutto ciò che è stato appena narrato prende vita grazie al gesto e alla sensibilità pittorica dell’artista stessa. Elegie di memorie, questo il titolo della mostra, visitabile dal 26 settembre al 31 ottobre 2020 presso Rocca Calascio (AQ), offre un panorama ricco di sinuosità e spigolosità che conducono sempre l’osservatore ad un approccio profondo (psicologico e intriso di una certa dose di emotività) ricco di sorprese inaspettate.
Più nell’esattezza, è un vero e proprio viaggio che l’artista ci propone attraverso la trasposizione umile e diretta della propria persona nel suo vivere attraverso il tempo. “È come se ci fosse il mio io che abita me stessa e il mondo”, dice l’artista. Proprio in questo “respirare” sono presenti costantemente le “memorie” (eventi e ricordi del proprio vissuto) che legano l’artista stessa e i fruitori al mondo esterno grazie all’atto di percezione della propria realtà e di quella che ci circonda. Per tale ragione, per l’artista il ricordo non è puro e fine a se stesso ma è abitato sempre da una certa dose di attualità che si concretizza nell’arte del presente, grazie all’atto pittorico.
Difendere le “memorie”, così definite dall’artista, e farle vivere attraverso il gesto pittorico inteso come materia, è un atto di autodichiarazione della propria identità, solo se inteso in simbiosi con lo spirito, concepito dall’artista come entità che dona slancio vitale alle sue opere. Per tale ragione, la volontà di narrazione che l’artista professa nelle sue opere non si lascia irretire dalla materia che, come la corrente di un fiume, si suddivide in mille rivoli dando origine a vari segni e forme individuali che acquisiscono significati e valenze attraverso la tecnica dell’acquerello. Grazie a tale tipologia di approccio, la scelta della scala cromatica del grigio (per l’artista, tonalità intrisa di mille colori) accompagnato dall’uso dell’acqua e dell’atto di abrasione, l’artista prima, l’osservatore poi, percepisce lo scorrere incessante della forza vitale libera e imprevedibile dell’opera “che non sarebbe accompagnata dallo stesso slancio vitale se ci fosse una cornice o qualsiasi cosa in grado di limitare o interrompere il vivere dell’opera stessa”.
Ciò che l’artista vuol narrare può esser compreso visionando le sue opere più o meno attentamente ma il puro atto di esplorazione non basta mai. Dice l’artista: “bisogna lasciarsi guidare dal proprio io e assecondare quello stimolo soggettivo che ci guida nella volontà di trasporre noi stessi in tutte le cose, anche quelle apparentemente più banali”. Così, ancora una volta, Francesca ci invita ad addentrarci in una lettura calma e armoniosa di ciò che più o meno concretamente c’è nell’opera e, “perché no”, dice l’artista , “se siete portati a farlo, aggiungete mentalmente flussi e segni di acquerello che renderanno la mia opera vostra”.